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P21026 Salute mentale e sistema penale: tra pericolosità, esigenze di difesa sociale e tutela dei diritti fondamentali



Il ruolo della patologia e dei disturbi mentali nel sistema penale è da tempo e in tutti i paesi tradizionale oggetto di studio, da parte di criminologi e penalisti. L’incidenza di problemi di salute mentale o di disagio psichico sul sistema penale sollecita continue riflessioni, aggiornate allo stato attuale dell’evoluzione del dibattito dottrinale e scientifico, nonché dell’elaborazione giurisprudenziale. L’esigenza di fondo, da parte del legislatore e, in sede di interpretazione del dato normativo, da parte del giudice, è quella di bilanciare esigenze e interessi diversi: la tutela della salute, diritto costituzionalmente garantito a tutti gli individui, e la difesa della società da soggetti rispetto ai quali, anche e proprio in ragione del problema di salute mentale, può formularsi una prognosi di pericolosità.

Il problema di fondo è quello dell’alternativa tra cura – fuori dal sistema penale, affidata al servizio sanitario – e custodia, all’interno del sistema penitenziario o delle residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza (r.e.m.s.), con la garanzia però di adeguati livelli di assistenza e di cura, di difficile e talora impossibile realizzazione in ragione di croniche inefficienze del sistema della sanità pubblica e di quella penitenziaria in specie.

Il corso muoverà da questa premessa di fondo per porsi, anzitutto, la domanda del “se” punire l’autore di reato affetto da disagio mentale. Oggetto di riflessione preliminare sarà lo stato del dibattito sull’imputabilità e sul relativo giudizio, che comporta valutazioni e accertamenti scientifici decisivi per la sorte del procedimento penale. Tra i temi che saranno affrontati, sulla base della più recente giurisprudenza, vi sono quelli della rilevanza dei disturbi della personalità e degli stati emotivi e passionali – come la gelosia – che, pur essendo irrilevanti in via di principio ai sensi dell’art. 90 c.p., vengono talora valorizzati dalla giurisprudenza – ai fini dell’esclusione dell’imputabilità, quando assumono una dimensione patologica, ovvero quali attenuanti in grado di diminuire il giudizio di colpevolezza e la rimproverabilità individuale.

Fatte queste premesse, attraverso l’esame del concetto di “infermità” psichica di cui agli artt. 88 e 89 c.p., come sviluppato nel diritto vivente, sarà considerata l’alternativa tra vizio totale e vizio parziale di mente, che apre notoriamente la strada alla via dell’assoluzione, per difetto di imputabilità, ovvero alla condanna a pena diminuita in applicazione dell’art. 89 c.p. Oggetto d’esame sarà a tale ultimo proposito la capacità di “resistenza” dell’attenuante del vizio parziale di mente nel giudizio di bilanciamento con concorrenti circostanze aggravanti, rispetto alla quale un importante novità è rappresentata dalla recente sentenza n. 73/2020, con la quale la Corte costituzionale ha dichiarato il divieto di prevalenza dell’attenuante predetta sulla recidiva reiterata.

La riflessione si sposterà quindi sul terreno della risposta sanzionatoria e sull’alternativa tra pene e misure di sicurezza. Entrambe le tipologie sanzionatore saranno prese in esame con riferimento specifico alle problematiche connesse al disagio psichico, attraverso una valutazione che tenga conto dell’esperienza applicativa e del parere di esperti, nonché dei risultati dei lavori di una commissione ministeriale (Presidente Prof. Marco Pelissero) dedicata al problema della sanità nei luoghi di privazione della libertà personale.

Sul terreno delle misure di sicurezza ampio spazio sarà dato all’accertamento del presupposto della “pericolosità sociale” e a una riflessione particolare sullo stato attuale della misura del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario, dopo la chiusura dei relativi istituti e la sostituzione con le r.e.m.s.

Sul terreno delle pene detentive, pari spazio sarà poi riservato al problema della sanità in carcere e ai limiti entro i quali il disagio psichico – testimoniato tra l’altro dal significativo numero di suicidi in carcere – possa giustificare il differimento dell’esecuzione della pena o la concessione della detenzione domiciliare quale misura alternativa, nei più ampi limiti consentiti oggi a seguito della recente sentenza n. 99/2019 della Corte costituzionale.

Una considerazione specifica – comune al sistema delle pene e delle misure di sicurezza – riguarderà la situazione dei detenuti per reati di criminalità organizzata, rispetto ai quali risulta estremamente difficile conciliare le esigenze di cura del disagio psichico con quelle di tutela della collettività.

Per completare l’analisi, una riflessione sarà dedicata infine ai problemi che il disagio mentale pone rispetto al procedimento e al processo penale: da quelli relativi alle misure cautelari fino alla partecipazione stessa al processo.

Caratteristiche del corso:

Area: penale

Organizzazione: Scuola superiore della magistratura; durata: quattro sessioni (due giorni e mezzo); metodologia: mista (relazioni frontali, dibattito, gruppi di lavoro e eventuale tavola rotonda); numero complessivo dei partecipanti: novanta; composizione della platea: novanta magistrati ordinari con funzioni penali, dei quali venticinque di sorveglianza.

Eventuali incompatibilità: nessuna.

Sede e data del corso:  Aula Virtuale Microsoft Teams 7 aprile 2021 (apertura lavori ore 15.00) – 9 aprile 2021 (chiusura lavori ore 13.00).

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