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P21078 L’imparzialità del magistrato: deontologia, garanzie procedimentali e responsabilità disciplinare



Molto è stato detto e scritto sull'importanza di una magistratura autorevole, indipendente e imparziale per far rispettare i principi democratici e costruire una società in cui i cittadini si sentano sicuri che i loro diritti saranno protetti e fatti rispettare in modo prevedibile. Agli occhi dei cittadini, la visibile imparzialità di chi giudica e di chi accusa costituisce la fonte essenziale della legittimazione della magistratura e la ragione fondante della sua indipendenza. Ma sul significato e sul contenuto di tale imparzialità si confrontano visioni diverse.

Da un lato, in estrema sintesi, si pone chi immagina che l’imparzialità sia sinonimo di assoluto distacco dalle vicende sociali e politiche, di un deliberato disinteresse e di una programmatica estraneità del magistrato alle sorti della società.

Dall’altro, all’opposto, vi è chi concepisce l’imparzialità come «consapevole e concreta tensione verso l’imparzialità all’atto del giudicare», realizzata di volta in volta grazie alla capacità del magistrato di mettere da parte i propri pregiudizi per decidere il caso sottoposto al suo esame.

L’approccio corretto risiede probabilmente in una lettura combinata delle due visioni.

Come è stato sottolineato nel parere n. 3 del Consiglio consultivo dei giudici europei sull’etica e la responsabilità dei giudici (2002), non sembra auspicabile isolare i giudici dal contesto sociale in cui operano poiché il corretto funzionamento della giustizia richiede che i giudici siano in sintonia con la realtà. Inoltre, in quanto cittadino, il giudice gode dei diritti e delle libertà fondamentali riconosciuti in particolare dalla Convenzione europea dei diritti dell'uomo (libertà di opinione, libertà religiosa, ecc.). Egli dovrebbe quindi, come regola generale, rimanere libero di esercitare le attività extraprofessionali di sua scelta.

Tuttavia, queste attività mettono a rischio la sua imparzialità e talvolta anche la sua indipendenza. È quindi necessario trovare un ragionevole equilibrio tra il grado di impegno del giudice nei confronti della società e la conservazione della sua indipendenza e imparzialità e l'apparenza di tale indipendenza e imparzialità nell'esercizio delle sue funzioni. A questo proposito, la domanda da porsi sempre è se il giudice, in un particolare contesto sociale e agli occhi di un osservatore informato e ragionevole, sia impegnato in un'attività che possa oggettivamente compromettere la sua indipendenza o imparzialità.   La dimensione dell’imparzialità, pertanto, assume un significato ben più ampio di quello legato all’esercizio delle funzioni d’ufficio.

Il corso, previa ricognizione dei principi che emergono dai principali documenti internazionali  – tra cui i principi di Bangalore  (2001), il parere n. 3 del Consiglio consultivo dei giudici europei (Ccje) sull’etica e la responsabilità dei giudici  (2002), la dichiarazione di Londra sull’etica dei giudici con cui è stato approvato il rapporto intitolato “Etica dei giudici - Principi, valori e qualità” come linee guida per la deontologia dei magistrati europei  (2010), promossa dalla rete europea dei consigli di giustizia, la Raccomandazione R(2010)12 del 17 novembre del Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa sui giudici: indipendenza, efficacia e responsabilità – si propone di approfondire le diverse dimensioni dell’imparzialità attraverso una attenta ricognizione delle norme di riferimento.

A fronte di una ricognizione dei diritti e delle libertà del cittadino magistrato, si analizzeranno, in tal modo, le disposizioni contenute nel codice etico della magistratura, previsto dall’ultimo comma dell’art. 58 bis del d.lgs. n. 29 del 1993 e adottato dal comitato direttivo centrale dell’Associazione nazionale magistrati, dei codici di procedura che regolano i casi di astensione o di ricusazione, della disciplina in tema di illeciti disciplinari di cui al d.lgs. n. 109  del 2006, che sanziona le violazioni del dovere di imparzialità e dei suoi corollari, tra cui il dovere del riserbo e la tenuta di comportamenti trasparenti nello svolgimento delle attività professionali, nonché delle altre norme dell’ordinamento giudiziario poste a garanzia dell’esercizio imparziale delle funzioni giudiziarie.

In chiave comparata, sarà affrontato il tema degli organi consultivi sull’etica giudiziaria, attraverso l’analisi delle esperienze francese e spagnola, ove sono stati introdotti per fornire ai magistrati, assicurandone la riservatezza, pareri su eventuali dubbi relativi alla correttezza del proprio operato.

I gruppi di lavoro consentiranno l’approfondimento di casi pratici relativi a questioni percepite come profili essenziali del procedere imparziale. 

Caratteristiche del corso:

Area: comune

Organizzazione: Scuola superiore della magistratura; durata: quattro sessioni (due giorni e mezzo); metodologia: mista (relazioni frontali, gruppi di lavoro, eventuale tavola rotonda); numero dei partecipanti; numero complessivo dei partecipanti: novanta; composizione della platea: cinquanta magistrati ordinari, trentacinque magistrati onorari e cinque avvocati

Eventuali incompatibilità: nessuna.

Sede e data del corso: Napoli - Castel Capuano, 11 ottobre 2021 (apertura lavori ore 15,00) –

13 ottobre 2021 (chiusura lavori ore 13.00).

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