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D21189 Il diritto penale fallimentare e il nuovo Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza



L’adozione del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, approvato con d.lgs. 12 gennaio 2019, n. 14, e di cui è fissata l’entrata in vigore il giorno 1 settembre 2021, pone molteplici domande ai cultori ed agli operatori pratici del c.d. diritto penale fallimentare.

La legge delega, come osservato nella relazione illustrativa del decreto legislativo delegato, esclude espressamente la bancarotta dal campo di intervento e manca di indicazioni per la riformulazione delle disposizioni incriminatrici della legge fallimentare, prevedendone solo il coordinamento con la nuova disciplina in materia di crisi di impresa, nel rispetto del principio generale di «continuità delle fattispecie criminose». La legge delega prevede, inoltre, una innovativa causa di non punibilità per l’ipotesi in cui le condotte abbiano cagionato un danno di speciale tenuità, e, nel settore del diritto processuale, una regolamentazione dei rapporti tra liquidazione giudiziale, da una parte, e misure cautelari reali, dall’altra. 

Il legislatore delegato, per soddisfare le esigenze di coordinamento delle disposizioni di natura penale con quelle della disciplina generale, ha tuttavia compiuto scelte ritenute, dai primi commentatori, determinative, in più occasioni, di nuove incriminazioni o, al contrario, di abrogazioni, così ponendo all’interprete la necessità di puntualizzarne i contenuti e di verificarne la compatibilità con i principi costituzionali, a partire da quelli in tema di eccesso di delega.   

In generale, poi, un notevole sforzo di approfondimento è richiesto per esaminare le ricadute della riforma della disciplina generale della crisi d’impresa e dell’insolvenza su tutte le disposizioni incriminatrici, ivi comprese quelle rimaste formalmente immutate, al fine di individuarne l’esatto significato e i possibili inediti aspetti applicativi. Ed infatti, la nuova disciplina generale muta fortemente rispetto al passato già la prospettiva di “fondo” del sistema, perché, in linea con le indicazioni del diritto euro-unitario, e in particolare con la Direttiva 2019/1023 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 20 giugno 2019, si orienta decisamente verso procedure tendenti non più alla liquidazione dell’impresa, ma alla sua conservazione, quale fattore economico essenziale, superando, emblematicamente, anche la denominazione “fallimento”, ora “liquidazione giudiziale”. La nuova disciplina, inoltre, contiene istituti prima sconosciuti - quali le procedure di allerta e di composizione assistita delle crisi – e regole dedicate a fenomeni precedentemente non oggetto di specifica attenzione, come i «gruppi di imprese», che costituiscono il presupposto per l’applicazione delle fattispecie costitutive di illeciti penali.

Muovendo da questa prospettiva, perciò, appare utile, innanzitutto, un esame dell’impatto delle novità sia di sistema, sia di disciplina puntuale, sulle diverse fattispecie di reato configurabili, a iniziare da quelle di bancarotta, riguardino esse la procedura di liquidazione giudiziale, le altre procedure di regolazione della crisi, o le “nuove” procedure di composizione delle crisi, tra cui quelle da sovraindebitamento. 

Specifica attenzione, poi, deve essere dedicata alle conseguenze della riforma della disciplina della crisi d’impresa e dell’insolvenza in relazione alle fattispecie previste dal c.d. diritto penale tributario. Si pensi, in particolare, ai possibili effetti sui reati di omesso versamento di ritenute dovute o certificate e di omesso versamento di IVA, di cui agli artt. 10-bis e 10-ter d.lgs. n. 74 del 2000, derivanti tanto dal nuovo “sistema” degli strumenti di composizione e di regolazione della crisi, quanto da specifiche disposizioni, come quella relativa alla omologabilità degli accordi di ristrutturazione dei debiti pur quando l’Amministrazione Finanziaria non vi aderisca ed il suo voto sarebbe decisivo ai fini del raggiungimento della maggioranza necessaria.

L’incontro, ancora, costituisce l’occasione per fare il punto sui sempre “difficili” rapporti tra la liquidazione giudiziale e le altre procedure previste dal Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, da una parte, e le misure cautelari reali, ma anche di prevenzione, dall’altra.