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P21017 Il sindacato giudiziale sulla legittimità della norma penale, sostanziale o processuale, alla luce delle fonti sovranazionali e della Costituzione



La Scuola ha sempre prestato attenzione al ruolo giudiziale nel sistema di controllo della legalità costituzionale, ad esempio trattando del nuovo e stratificato sistema delle fonti (e delle Corti), o studiando il sistema italiano di giustizia costituzionale, attraverso corsi organizzati in diretta collaborazione con la Corte costituzionale.

In questi contesti, per quanto ampi, v’è stato spesso il modo di trattare profili che segnano in modo particolare (quando non addirittura esclusivo) il sindacato sulla legittimità delle norme penali, sia sostanziali che processuali. Da lungo tempo la Corte italiana, alla luce del principio di legalità formale, cioè della riserva di legge rafforzata in materia penale (art. 25 Cost.), ha individuato precisi limiti al proprio potere di controllo (e dunque al novero delle questioni proponibili dai giudici comuni), primo fra tutti quello relativo a decisioni che abbiano per effetto una estensione dell’area delle condotte penalmente rilevanti (o del relativo trattamento sanzionatorio). La pertinenza profonda dell’intervento penale ai diritti fondamentali della persona (che poi è la ratio della riserva di legge) ha indotto nel contempo a contenere in termini assai restrittivi il controllo di ragionevolezza e proporzionalità delle scelte legislative, con una giurisprudenza risalente sulla discrezionalità particolarmente ampia spettante al Parlamento, appunto, in materia di sanzionamento penale.

È noto peraltro come, da qualche anno, il fronte segnato dalla giurisprudenza tradizionale abbia subito modifiche e riallineamenti, ciò che si deve al potente impulso che le Carte e le Corti internazionali hanno conferito al controllo di compatibilità della legge con il sistema di tutela dei diritti umani, ed anche a dinamiche più territoriali, come lo scadimento di qualità della legislazione, che sembra inarrestabile, o l’alternarsi tra strategie politiche panpenalistiche (spesso disomogenee) e singoli interventi di riduzione della pressione penale.

Il dogma del divieto di pronunce in malam partem ha dovuto confrontarsi non più solo con la teorica delle norme penali di favore (sindacabili), ma con nuovi approdi concernenti gli obblighi comunitari di penalizzazione e di efficace protezione di taluni beni giuridici, oppure con gravi anomalie del procedimento di normazione (depenalizzazioni mediante decreti governativi in assenza di delega, leggi regionali con pretesi effetti liberatori, ecc.). Lo stesso sindacato di ragionevolezza, di fronte a situazioni normative sempre più sconcertanti, ha preso un vigore inusitato in materia penale, coniugandosi – specie sul terreno delle scelte sanzionatorie – ai principi di uguaglianza e di proporzionalità (quest’ultimo direttamente mutuato anche dalla Carta di Nizza). Le recenti decisioni della Consulta su di un caso celeberrimo di aiuto al suicidio (ordinanza n. 207 del 2018 e sentenza n. 242 del 2019) hanno palesato il sensibile spostamento dei confini tra l’area della discrezionalità legislativa ed il potere di controllo del giudice comune e della Corte.

Scopo del corso sarà dunque quello di presentare un quadro organico delle fonti e della giurisprudenza nella materia, per poi procedere in termini analitici a studiare le ricadute concrete delle nuove tendenze rispetto al potere-dovere di sollecitazione della verifica di legittimità della legge penale.

Ciò varrà naturalmente anche per il sistema del processo penale, ove certo non mancano le interferenze del diritto dell’Unione, il quale, come per il diritto sostanziale, porta con sé contraddizioni non indifferenti, e soprattutto ne genera nell’incontro con la disciplina costituzionale ed ordinaria del processo (un solo esempio per tutti: il divieto di vittimizzazione secondaria attraverso ripetute escussioni della vittima ed alcune implicazioni correnti del diritto di difesa, dei principi di oralità ed immediatezza, della dinamica delle impugnazioni).

Caratteristiche del corso:

Area: penale

Organizzazione: Scuola superiore della magistratura; durata: quattro sessioni (due giorni); metodologia: mista (relazioni frontali, dibattito, gruppi di lavoro ed eventuale tavola rotonda); numero complessivo dei partecipanti: centoquaranta; composizione della platea: centotrenta magistrati ordinari con funzioni penali e dieci avvocati.

Eventuali incompatibilità: nessuna.

Sede e data del corso: Online su piattaforma Microsoft Teams, 4 marzo 2021 (apertura lavori ore 9.00) – 5 marzo 2021 (chiusura lavori ore 17.00).

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