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P21040 L’etica del magistrato



In qualsiasi società, qualunque sia il modo in cui vengono assunti, la formazione e la portata del loro mandato, i magistrati sono investiti di poteri penetranti, che consentono di intervenire in ambiti che riguardano gli aspetti essenziali della vita dei cittadini e dell’economia.

La Convenzione europea dei diritti dell'uomo sancisce, dal punto di vista del cittadino, che «ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un tribunale indipendente e imparziale, costituito per legge» (art. 6, par. 1). Lungi dall'enfatizzare l'onnipotenza del giudice, la norma mette in evidenza le garanzie fornite ai contendenti e stabilisce i principi su cui si basano i doveri del giudice: indipendenza e imparzialità.

È pertanto necessario che, sia all’interno degli uffici giudiziari, sia al di fuori, vi siano regole di condotta concepite per mantenere la fiducia in queste aspettative.

L’etica giudiziaria ha assunto nel corso degli anni un posto di rilievo nel contesto internazionale, a partire dall’adozione dei principi di Bangalore  (2001), nel quadro delle Nazioni unite, cui hanno fatto seguito il parere n. 3 del Consiglio consultivo dei giudici europei (Ccje) sull’etica e la responsabilità dei giudici  (2002), il codice ibero-americano di etica giudiziaria  (2006), la dichiarazione di Londra sull’etica dei giudici con cui è stato approvato il rapporto intitolato “Etica dei giudici - Principi, valori e qualità” come linee guida per la deontologia dei magistrati europei  (2010), promossa dalla rete europea dei consigli di giustizia, la Raccomandazione R(2010)12 del 17 novembre 2012 del Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa sui giudici: indipendenza, efficacia e responsabilità .

Negli ultimi anni la gran parte dei Paesi dell’Ue si è dotata di testi di etica giudiziaria (codici, guide, raccolte di principi) di diversa origine (Consigli di giustizia, associazioni giudiziarie, conferenze dei giudici, presidenti di tribunali, ecc.). L’ordinamento italiano è stato tra i precursori di questo orientamento tra i paesi di civil law, essendosi dotato di un codice etico fin dal 1994.

Costituisce talvolta un luogo comune che l’etica professionale non si insegna e a sostegno di questo assunto si evidenzia il fatto che l’etica – interessantissima, coinvolgente, divisiva quando si affrontano i singoli casi concreti e le questioni controverse – rischia di risultare banale quando si enunciano in astratto principi e regole di comportamento, senza esplorarne la genesi storica e senza discuterne le contaminazioni con la realtà.

L’esperienza maturata nel corso degli anni dalla Scuola superiore della magistratura mostra che è possibile realizzare questa formazione, coniugando la riflessione sui principi e le regole dell’etica dei comportamenti con la dimensione applicativa. Essa si inserisce in un contesto europeo (Rete europea di formazione giudiziaria), internazionale (Ufficio delle Nazioni Unite per il controllo della droga, UNODC) e comparato dove, specie nei paesi di tradizione di common law, questo tipo di formazione è particolarmente sentita.

Le attività di formazione sui profili etici formano oggetto delle linee programmatiche annuali sulla formazione e l’aggiornamento professionale dei magistrati e sul tirocinio ed a tali temi la Scuola dedica specifici momenti di approfondimento, anche nella dimensione europea nei programmi dedicati alla formazione iniziale (programmi THEMIS e AIAKOS).

La magistratura italiana sta affrontando uno dei momenti più complessi e difficili degli ultimi decenni. Il Presidente della Repubblica, nel suo intervento del 18 giugno 2020, in occasione della cerimonia commemorativa del quarantesimo anniversario dell’uccisione di Nicola Giacumbi, Girolamo Minervini, Guido Galli, Mario Amato e Gaetano Costa e del trentennale dell’omicidio di Rosario Livatino ha evidenziato che la magistratura deve necessariamente impegnarsi «a recuperare la credibilità e la fiducia dei cittadini, così gravemente messe in dubbio da recenti fatti di cronaca».

E per far sì che la correttezza sia costantemente praticata, tanto nell’esercizio delle funzioni quanto al di fuori dell’ufficio, un utile ausilio risiede nelle attività di formazione che fanno capo alla Scuola, a cui il Capo dello Stato ha rivolto l’invito a dedicare sessioni specifiche all’etica dei comportamenti.

In un confronto dialettico con la deontologia delle altre professioni legali, nel corso verrà sviluppata l’analisi delle diverse “fonti” da cui derivano indicazioni e prescrizioni sulle modalità di condotta dei magistrati nell’esercizio dell’attività professionale e nella vita sociale: le fonti internazionali, la Costituzione, i codici di rito, l’ordinamento giudiziario, il codice etico e la regolamentazione del disciplinare. Una specifica riflessione, in chiave comparata, sarà dedicata al tema degli organi consultivi sull’etica giudiziaria, attraverso l’analisi delle esperienze francese e spagnola, ove sono stati introdotti per fornire ai magistrati, assicurandone la riservatezza, pareri su eventuali dubbi relativi alla correttezza del proprio operato.

Caratteristiche del corso:

Area: comune

Organizzazione: Scuola superiore della magistratura; durata: quattro sessioni (due giorni e mezzo); metodologia: mista (relazioni frontali, dibattito, gruppi di lavoro, eventuale tavola rotonda); numero complessivo dei partecipanti: centoventi; composizione della platea: novanta magistrati ordinari, trenta magistrati onorari, cinque avvocati e tre magistrati militari.

Eventuali incompatibilità: saranno postergati rispetto ad ogni altro richiedente coloro che risultino essere stati ammessi al corso P21078.

Sede e data del corso: Online, 19 maggio 2021 (apertura lavori ore 15.00) – 21 maggio 2021 (chiusura lavori ore 13.00).

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