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P21071 La responsabilità da reato degli enti a vent’anni dal d.lgs. n. 231/2001



A vent’anni dall’entrata in vigore del d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231, che ha introdotto nel nostro ordinamento l’istituto della responsabilità da reato delle persone giuridiche, l’esigenza di una riflessione dedicata, che tenti una sistemazione dei profili principali della materia e delle questioni più discusse, risulta ancora urgente. Per il vero, nonostante il tempo trascorso, il problema forse più vistoso è quello della effettività della normativa. Per quanto l’art. 55 del decreto sembri stabilire in modo inequivoco l’obbligo di iscrizione della notizia di reato che possa comportare una responsabilità concorrente dell’ente, detta iscrizione è infrequente, perfino nelle zone economicamente più vitali del Paese, ed è davvero rara in molti distretti. Il dato emerge da varie statistiche, e provoca polemiche anche tra i giuristi, essendo chiaro quanto sia insopportabile, dal punto di vista dei principi, una applicazione diseguale del meccanismo sanzionatorio. Occorre dunque interrogarsi sulle ragioni, certo molteplici e complesse, di questo fenomeno. Ad ogni modo vi è stata una relativa accumulazione di esperienze e precedenti, che ha portato alla soluzione di molte delle questioni inizialmente poste dalla disciplina (cominciando dal chiarimento che la responsabilità dell’ente è compatibile con il principio di colpevolezza, fondandosi su di un’accertata colpa in organizzazione). Altre questioni, però, sono rimaste aperte, e nuove esigenze di riflessione si pongono con la progressiva estensione dei reati–presupposto per i quali, nel  concorso delle relative condizioni, può nascere la responsabilità amministrativa dell’ente: l’implementazione del catalogo concernente i delitti contro la pubblica amministrazione, operata con la legge n. 3 del 2019 e da ultimo con decreto legislativo  n. 75 del 2020, rappresenta l’ultimo passaggio di un’espansione progressiva, che implica problemi nuovi anche a seconda della tipologia degli illeciti. Vi sono poi questioni generali che animano l’attuale dibattito, sia riguardo ai profili sostanziali che con riferimento a quelli processuali della disciplina. Nella prima prospettiva basti citare, a titolo di esempio, la questione dell’applicabilità dell’art. 131-bis c.p. alle fattispecie di responsabilità dell’ente, che al momento è stata risolta negativamente dalla giurisprudenza, con soluzione però discussa, e dunque con un probabile seguito della controversia. Quanto alle questioni processuali, i nodi da sciogliere sono numerosi e cruciali, a cominciare dalla portata effettiva delle garanzie per il diritto al contraddittorio ed all’equo processo in capo alla persona giuridica destinata ad un provvedimento punitivo. Il problema si è fatto particolarmente acuto con la sentenza della Grande Camera della Corte edu del 28 giugno 2018, nel proc. G.I.E.M. contro Italia, secondo cui contrasta con la Convenzione una disciplina che consente di disporre la confisca urbanistica nei confronti della persona giuridica che non abbia preso parte al procedimento penale (per violazione dell’art. 7 – divieto di punizione per fatto altrui – evocato in una sorta di crasi con l’art. 6). Al momento la giurisprudenza nazionale ritiene sufficiente una partecipazione dell’ente all’incidente di esecuzione (Cass., Sez. III, sent. n. 17399 del 2019), ma la questione sembra tutt’altro che esaurita. Le Sezioni unite, dal canto proprio, hanno di recente valorizzato il diritto di partecipazione dell’ente (sia pure in un angolo prospettico particolare: sent. n. 51515 del 2018). Riguardo al fair trial, basta menzionare il rinvio pregiudiziale che la nostra Consulta ha operato, con l’ordinanza n. 117 del 2019, innanzi alla Corte di Lussemburgo a proposito dell’applicazione in favore dell’ente del principio nemo tenetur se detegere. In sintesi, il corso percorrerà con ordine la catena logica che innesca il procedimento contro l’ente (compreso l’incidente cautelare) e conduce, attraverso una verifica dei relativi presupposti (con particolare riguardo alla qualità del modello di organizzazione adottato, anche in rapporto ai nuovi “rischi tipici”), fino all’eventuale condanna ed alla esecuzione della pena.

Una riflessione ulteriore sarà infine dedicata alle incidenze del rischio da contagio del Covid-19 nella rideterminazione dei rischi aziendali ed alle conseguenze in tema di responsabilità degli enti e  sugli eventuali interventi da apportare ai “modelli di organizzazione e di gestione” ex art. 6 d.lgs. n. 231/2001 (“Modelli 231”) e sul perimetro dell’azione dell’organismo di vigilanza (“OdV”) ed agli ultimi importanti arresti giurisprudenziali in materia, quale quello in tema di applicabilità della normativa in esame agli enti e società di diritto straniero (Cass. Pen. sez. VI; n. 11626 del 7.4.20).

 

Caratteristiche del corso:

 

Area: penale

Organizzazione: Scuola Superiore della Magistratura, in collaborazione con l’Università di Roma La Sapienza (Dipartimento di economia); durata: quattro sessioni (due giorni e mezzo); metodologia: mista (relazioni frontali, dibattito ed eventuale tavola rotonda); numero complessivo dei partecipanti: novanta; composizione della platea: ottantacinque magistrati ordinari con funzioni penali e cinque avvocati.

Eventuali incompatibilità: nessuna.

Sede e data del corso: Università di Roma La Sapienza, 22 settembre 2021 (apertura lavori ore 15.00) – 24 settembre 2021 (chiusura lavori ore 13.00).

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