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D24163 Abusivo Frazionamento della pretesa azionata con la domanda giudiziale



oggetto del dialogos è l’effetto provocato dall’abuso del processo dovuto alla parcellizzazione delle pretese creditorie azionate in diversi procedimenti giudiziari e, in particolare, se le conseguenze della condotta abusiva debbano incidere esclusivamente sul regime delle spese processuali, ovvero sull’azionabilità - recte proponibilità - della pretesa. Trattasi di tema molto dibattuto, oggetto di rimessione, da parte della Prima Sezione Civile della Cassazione (ord. n. 3643 del 2024), alla Prima Presidente e, quindi, alle Sezioni Unite.

Se sul piano eurounitario (art. 54 Carta UE diritti fondamentali) e su quello convenzionale (art. 17 CEDU, a sua volta gemmazione dell’art. 30 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo), l’abuso del diritto viene prevalentemente inteso come divieto di condotte lesive di diritti fondamentali; nel caso di specie, la condotta abusiva è collegata all’esercizio di un diritto fondamentale, quale quello di azione; è noto, peraltro, che sul piano interno il tema dell’abuso si è da sempre scontrato con l’assenza di previsioni di rango costituzionale o primario capaci di delinearne in modo compiuto il concetto e gli effetti, affidandone prevalentemente (e salve le recenti modifiche in ambito tributario) la concretizzazione al diritto vivente.

Al fondo delle diverse soluzioni espresse in punto di proponibilità della pretesa creditoria azionata con condotta processuale di indebito frazionamento, si riscontrano alcune diverse interpretazioni fornite da pronunce delle Sezioni Unite (Cass. SU nn. 23726 del 2007, 4090 e 4091 del 2017).

L’indirizzo che predilige la soluzione dell’improponibilità muove dall’avviso che le Sezioni Unite, con la sentenza n. 23726 del 2007, erano partite dal convincimento che l’abuso del processo fosse «ostativo all’esame della domanda» e, dunque, tale da determinarne l’improcedibilità. Si afferma, infatti, che, sebbene dalla pronunzia indicata non emerga espressamente la sorte della domanda proposta in violazione del principio medesimo, tuttavia dal complesso della motivazione (ed in particolare dalla sua ratio) si evince che la domanda è improponibile; e che detta improponibilità investe ciascuna delle singole domande (in ciascuna delle relative diverse cause) in cui è stata frazionata la pretesa concernente l’intera somma in questione (e cioè la domanda come avrebbe dovuto essere proposta per essere ritenuta rituale e dunque proponibile). Si osserva, inoltre, che anche Cass. S.U. nn. 4090 e 4091 del 2017, pur occupandosi prioritariamente del versante dei presupposti e non del piano sanzionatorio, ebbero ad usare ripetutamente la locuzione «non può proporre», in linea con la precedente sentenza del 2007.

Questo orientamento (di recente confermato da Cass. n. 35980 del 2022) reputa che l’introduzione della figura dell’abuso del processo per le ipotesi di frazionamento indebito del credito secondo i principi espressi dalle Sezioni Unite anche nel 2017, consentirebbe di salvaguardare sia l’interesse del debitore che quello, obiettivo della efficiente utilizzazione del servizio giustizia, non potendo giustificarsi un processo “ingiusto” in quanto frutto di abuso del processo per esercizio dell’azione in forme eccedenti, o devianti, rispetto alla tutela dell’interesse sostanziale. L’abuso segnerebbe il limite, oltreché la ragione dell’attribuzione, al suo titolare, della potestas agendi.

Per altro verso, l’indirizzo meno rigoroso, che si iscrive nel filone favorevole a riconoscere (con l’adozione di meccanismi correttivi in punto di spese processuali) la proponibilità della domanda creditoria relativa ad un credito facente parte di un medesimo rapporto negoziale di durata, in modo che essa possa essere esaminata nel merito, muove da una diversa lettura delle pronunzie delle Sezioni Unite già ricordate e anche da un diverso peso attribuito alla giurisprudenza della Corte EDU in punto di accesso alla giustizia e di tutela convenzionale offerta dall’art. 6 CEDU. Cass. n. 8184/2023 ha ritenuto, infatti, espressamente che la soluzione in ordine alla proponibilità muove dall’idea che le Sezioni Unite del 2017 avessero proceduto ad un affinamento del principio di diritto a suo tempo enunciato dalle Sezioni Unite nel 2007.

La proporzionalità delle misure che l’ordinamento appresta per contrastare l’abuso del processo, nel silenzio del legislatore, non può prescindere dalla necessità di pervenire ad un corretto bilanciamento che tenda a realizzare un ragionevole accomodamento fra i diritti in contesa (Cass. SU n. 24414 del 2021), muovendo dal dato, ormai ben assimilato nel diritto vivente, che fra i diritti fondamentali non esiste un diritto tiranno e che non può dunque esistere nemmeno un’idea di “abuso tiranno” capace, cioè, di comprimere oltre ogni comprensibile limite di ragionevolezza e proporzionalità i diritti delle parti in causa.

Scopo dell’incontro è, dunque, quello consueto dei Dialogoi sulla giustizia civile, cioè di rispondere alla apertura della Corte al dibattito ed al confronto sulle questioni di particolare importanza ovvero oggetto di contrasti nella giurisprudenza di legittimità.

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