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T24011 Il trattamento sanzionatorio: calcolo e motivazione, pena illegale e pena illegittima, pene sostitutive



L’individuazione del trattamento sanzionatorio è un’operazione davvero complessa, in quanto tende ad un obiettivo piuttosto ambizioso, quasi ideale, ossia la personalizzazione della sanzione, cioè la scelta del trattamento più aderente possibile alle caratteristiche personologiche del reo e alle caratteristiche storiche del fatto-reato.

Tale operazione non si esaurisce nella commisurazione della pena all’interno del compasso edittale disegnato dal legislatore per ciascuna tipologia di reato, operata secondo i criteri di dosimetria fissati dal codice penale (che attengono sia al fatto oggetto di giudizio che alla persona dell’imputato), ma vi incidono ulteriori fattori.

Occorre, infatti, tenere conto che l’iter criminis potrebbe essersi arrestato alla fase del tentativo oppure che i reati per i quali viene emessa condanna potrebbero essere più di uno (con il conseguente problema del cumulo, materiale o giuridico, delle pene) o, ancora, che in relazione al fatto per cui si procede potrebbero ricorrere una o più circostanze, omogenee o eterogenee, ad effetto comune o speciale (compresa la recidiva), sottratte o meno al giudizio di bilanciamento.

Infine, deve considerarsi la possibilità che intervengano ulteriori fattori che modificano la determinazione della pena, sia sul piano quantitativo (come la scelta di un rito premiale), sia sul piano qualitativo (come l’applicazione di pene sostitutive), sia sulla stessa esecuzione della sanzione (come la sospensione condizionale della pena).

Tutti questi fattori presentano complessi meccanismi di funzionamento, resi ancora più ostici dalle possibili interazioni reciproche: si pensi, ad esempio, ad un delitto tentato circostanziato o ad un delitto con plurime circostanze di segno opposto, alcune soltanto delle quali di tipo “blindato”.

Sfogliando i repertori giurisprudenziali colpisce il fatto che gli errori più frequenti riscontrati dai giudici di appello e di legittimità nelle sentenze di primo grado riguardino il trattamento sanzionatorio. Non si tratta solo di errori materiali (ad esempio di calcolo della pena o di tipologia della sanzione irrogata), ma anche di errori di diritto, che vanno al di là dell’ampio potere discrezionale riconosciuto al giudice nella determinazione della pena.

Oltre all’obiettiva difficoltà della materia, resa sempre più complicata da interventi legislativi e giurisprudenziali stratificatisi nel tempo, e talvolta in contraddizione fra loro, che hanno reso il calcolo della pena una sofisticata operazione non solo giuridica, ma anche matematico-contabile, la determinazione della pena sconta anche una certa “disattenzione” o, peggio, “disinteresse” da parte dei giudici di merito, assorbiti dalla complessa motivazione della ricostruzione storica dei fatti e dalla relativa valutazione giuridica.

Tuttavia, la corretta individuazione della risposta punitiva è tutt’altro che un aspetto

secondario della motivazione e dell’attività giurisdizionale in genere. Non a caso il codice di rito stabilisce che oggetto della prova nel processo penale non siano solo i fatti che si riferiscono all’imputazione, ma anche quelli che si riferiscono alla determinazione della pena (art. 187 c.p.), di cui poi il giudice dovrà dare conto nella sentenza, sia pure con una esposizione concisa (art. 546 c.p.p.).

La determinazione della pena, però, non è un “affare” di esclusiva pertinenza del giudice. Anche le parti processuali devono conoscere i complessi meccanismi che l’individuazione e la determinazione della pena: il Pubblico Ministero che si determini per la richiesta di condanna deve essere in grado di determinare la pena di cui chiede l’applicazione (magari esplicitandone i passaggi argomentativi nella sua requisitoria), così come deve essere in grado di valutare la correttezza del trattamento sanzionatorio negoziato con la difesa quando formula una richiesta di patteggiamento; la difesa, dal canto suo, deve padroneggiare i meccanismi di determinazione del trattamento sanzionatorio, sia al fine di scegliere consapevolmente la migliore strategia processuale per il proprio assistito, sia per poter censurare la fondatezza delle decisioni dei giudici di merito mediante gli strumenti processuali forniti dall’ordinamento (impugnazioni, correzione di errore materiale ed incidenti di esecuzione).

Il tema in esame, spesso oggetto di interventi settoriali e disorganici da parte del legislatore, è stato recentemente affrontato in modo più ampio e deciso dal d.lgs. n. 150/2022 (c.d. riforma Cartabia), che nel tentativo di affrancare il sistema da una visione carcerocentrica ha cercato di rivitalizzare il sistema delle sanzioni (ora pene) sostitutive, investendo il giudice di merito di inediti compiti di personalizzazione del trattamento sanzionatorio. Il tempo trascorso dall’entrata in vigore dell’importante novella consente di poter stilare un primo bilancio evidenziando le problematiche emerse al banco di prova dell’applicazione pratica e le soluzioni eventualmente fornite dalla giurisprudenza.

Il corso intende fornire elementi di conoscenza sui principali istituti giuridici che incidono sul complesso fenomeno del trattamento sanzionatorio, concentrando l’attenzione sulle più rilevanti e recenti problematiche applicative evidenziate dall’elaborazione pretoria e dottrinale, dando per conosciuti, sul piano della teoria generale, gli istituti sottesi, di cui verrà fornita solo una breve descrizione prodromica ad una più agevole comprensione delle questioni trattate.

Particolare attenzione sarà dedicata al nuovo sistema delle pene sostitutive, che incide in modo rilevante sulla fisionomia del trattamento sanzionatorio, tenendo conto anche di eventuali decreti correttivi alla riforma del 2022 che nelle more del corso dovessero essere approvati.

Va detto, poi, che, di regola, agli errori commessi dal giudice nella determinazione del trattamento sanzionatorio è possibile porre rimedio azionando gli ordinari strumenti di impugnazione (appello e ricorso per cassazione); tuttavia, l’ordinamento, anche alla luce della recente evoluzione giurisprudenziale, sia nazionale che europea, consente alla parti processuali di azionare strumenti diversi dalle impugnazioni che permettono di emendare trattamenti sanzionatori illegali, anche nel caso in cui sulle relative decisioni sia sceso il giudicato. Anche a tali istituti, nella fisionomia assunta a seguito dell’elaborazione ermeneutica, verrà dedicata una parte del corso.

Infine, concluderà il ciclo di incontri una riflessione sul futuro del trattamento sanzionatorio che tenga conto delle novità normative senza trascurare una prospettiva de iure condendo

Caratteristiche del corso:

Area: penale

Organizzazione: Scuola Superiore della Magistratura, in collaborazione con la Struttura di formazione decentrata presso la Corte di Appello di Firenze; durata: quattro sessioni; metodologia: relazioni frontali, dibattito con interventi programmati e gruppi di lavoro; numero complessivo dei partecipanti: novanta; composizione della platea extra distrettuale: cinquantacinque magistrati ordinari di merito e di legittimità con funzioni penali; composizione della platea distrettuale: venticinque magistrati ordinari addetti al settore penale; sette giudici onorari; tre avvocati del distretto di Firenze.

Eventuali incompatibilità: nessuna.

Sede e data del corso: Firenze, Palazzo di Giustizia, 21 ottobre 2024 (apertura lavori ore 15.00) – 23 ottobre 2024 (chiusura lavori ore 13.00).